Il termine bulimia deriva dal greco e indica, nel linguaggio medico, una voracità patologica ed eccessiva.
Anche se i criteri diagnostici per la bulimia nervosa non sono stati formulati fino al 1979, l’evidenza suggerisce che le abbuffate e l’epurazione erano comportamenti frequenti in alcune culture antiche; in Egitto, infatti, i medici consigliavano l’epurazione una volta al mese, per tre giorni consecutivi, al fine di preservare la salute (questa pratica derivava dalla convinzione che le malattie umane fossero causate dal cibo stesso).
Nel 1979 Gerald Russell pubblicò una descrizione di bulimia nervosa nell’articolo intitolato Bulimia nervosa: an ominousvariant of anorexia. Qui riportò i casi di pazienti con una “paura morbosa di diventare grassi” che si abbuffavano e si epuravano in seguito al comportamento dell’abbuffata.
Nel 1980 bulimia nervosa fece la prima apparizione nel DSM-III.
I criteri diagnostici attuali della bulimia nervosa sono rimasti essenzialmente quelli proposti da Russell, seppur essi siano stati in parte rivisti ed ampliati attraverso vari contributi nel corso degli anni sino ad arrivare ai nostri giorni. Tuttavia è sempre più discussa la necessità di rivedere i criteri diagnostici proposti dal momento che spesso falliscono e circa il 30% dei pazienti affetti da un disturbo alimentare di rilevanza clinica riceve una diagnosi di Disturbo dell’Alimentazione Non Altrimenti Specificato.
Possiamo comunque concludere che la bulimia nervosa è, insieme all’anoressia nervosa, uno dei più importanti disturbi del comportamento alimentare.
Le persone affette da bulimia nervosa mostrano un comportamento alimentare controllato, fin quasi eccessivamente sano e attento quando sono in pubblico, ma mangiano avidamente il proprio cibo in risposta a sentimenti di depressione o stress, consumando il cibo in quantità nettamente maggiori rispetto a quelli di un pasto normale, quando si trovano in solitudine. Successivamente mettono in atto delle condotte di epurazione (molto spesso vomito autoindotto) per cercare di “riparare” al danno dell’abbuffata. Oltre al vomito autoindotto, che molti si provocano talmente spesso da danneggiare lo smalto dentario, possono fare abuso di lassativi o altri farmaci; altri pazienti si sottopongono ad eccessiva attività fisica e altri ancora digiunano tra un’abbuffata e l’altra. A ciò si accompagnano sentimenti di disgusto per se stessi e anche la sensazione di essere fuori controllo, anormali.
La loro autostima è influenzata fortemente dalla forma corporea e dal proprio aspetto e in questo somigliano ai pazienti affetti da anoressia nervosa sebbene se ne distinguano per l’assenza della distorsione del vedersi sovrappeso quando, in realtà, non lo sono.
L’ossessione per il peso corporeo conduce le persone con bulimia nervosa ad attuare persistenti forme di riduzione alimentare, ovvero a seguire una dieta estrema e costante, con regole alimentari estremamente rigide e inflessibili. Nella maggior parte dei casi, le regole dietetiche a cui si sottopongono le pazienti bulimiche impongono una drastica riduzione della quantità totale di cibo ingerita, e vietano nettamente una grande quantità di alimenti, i cosiddetti cibi proibiti, costringendo la persona ad un’alimentazione progressivamente sempre più limitata ai pochi alimenti consentiti.
Tra le altre caratteristiche che meritano maggior attenzione, troviamo un’alterazione del meccanismo che regola il rapporto fame-sazietà: la dieta ferrea porta infatti a un aumento della fame e dell’appetito, con conseguente modificazione di alcuni neurotrasmettitori, tra cui la serotonina e gli elettroliti, con inevitabili ripercussioni di tipo fisiologico.
Non si può ridurre la bulimia ad un mero problema di alimentazione.
Le abbuffate possono essere dovute infatti anche a diete, stress, malessere psicologico ed emozioni negative, come ad esempio ansia, angoscia, rabbia o tristezza.
Il vomito e le altre tecniche per evitare di ingrassare sono tutti modi per avere l’impressione di tenere sotto controllo la propria vita e alleviare così il malessere emotivo: non si può ricondurre la bulimia a una singola causa, ma piuttosto a un insieme di fattori.
I pensieri disfunzionali che causano e mantengono le abbuffate sono:
I pazienti affetti da bulimia nervosa hanno anche difficoltà a gestire le proprie emozioni soprattutto quelle negative e le abbuffate hanno quindi un effetto compensatorio e di piacevolezza. Con il cibo si “bloccano” le emozioni negative, ma tale comportamento non fa che condurre la persona a sperimentare altre emozioni negative, quale senso di colpa, paura e disgusto.
La bulimia nervosa solitamente esordisce nella tarda adolescenza o nella prima età adulta e per poter fare tale diagnosi devono essere presenti abbuffate di grandi quantità di cibo almeno una volta alla settimana, spesso oltrepassando il limite della sazietà; queste abbuffate possono essere discontinue.
La bulimia nervosa è più comune dell’anoressia nervosa e affligge circa l’uno 2% delle donne adulte. Alcuni studi riscontrano più frequentemente questo disturbo negli individui la cui professione o attività enfatizza il corpo magro come ginnasti, pattinatrici, ballerine e modelle oltre che nei paesi più industrializzati.
Nella bulimia nervosa sono presenti le abbuffate che invece mancano nell’anoressia nervosa.
La percezione di sé nell’anoressia nervosa è anormale (le persone si percepiscono cioè sempre grasse anche quando in realtà non lo sono), mentre nella bulimia nervosa è influenzata dal peso e dalla forma corporea.
Nell’anoressia nervosa si riscontra un basso peso corporeo mentre nella bulimia nervosa è frequente trovare persone normo peso.
Nella bulimia nervosa le persone lamentano le sensazioni di perdere il controllo sul cibo, lamentele che invece non si riscontrano nelle persone affette da anoressia nervosa.
In entrambe le condizioni cliniche è presente un compenso eccessivo con esercizio fisico e la messa in atto di condotte di eliminazione.
Con il tempo e le giuste terapie, quasi la metà dei pazienti affetti da bulimia nervosa guarisce pienamente e circa un quarto migliora. Ma il quarto rimanente si stabilisce in una condizione cronica di comportamento bulimico. Sebbene i tassi di mortalità siano più elevati confrontati con quelli degli individui sani della stessa età, questa condizione è meno letale dell’anoressia nervosa anche se, tuttavia, il tasso di suicidio è comunque più elevato rispetto alla popolazione generale.
Per quanto concerne le terapie consigliate per la bulimia si fa riferimento a quelle impiegate per l’anoressia, tranne ovviamente per il regime alimentare. L’approccio terapeutico pluridisciplinare con l’ausilio dello psicoterapeuta, del neuropsichiatra, del nutrizionista e spesso di altre figure a seconda del caso, è attualmente consigliato per contrastare tale patologia.
Dott.ssa Cristina Lo Bue