Il disturbo da sintomi somatici nel corso del tempo e della storia della medicina ha assunto nomi molto diversi. Uno dei nomi con cui in passato si definiva questo fenomeno è, per esempio, isteria, un disturbo noto anche a Freud e al quale dedicò molto tempo e interesse nella sua pratica professionale. Freud definiva vantaggio primario la possibilità, da parte del soggetto, di alleviare il peso psicologico dei rimossi intrapsichici attraverso i sintomi.
L’isteria, in realtà, fu scoperta (in forma molto diversa) più di 2000 anni fa da parte dei Greci che ritenevano che i suoi sintomi provenissero da un utero che, vagando all’interno del corpo, provocasse dolore, interrompesse il respiro o ostruisse la gola.
Questo antico termine è rimasto in uso fino alla metà del XX secolo, quando vennero introdotti un nuovo nome e una definizione più complessa: la sindrome di Briquet.
La sindrome di Briquet fu coniata in onore del medico francese del XIX secolo che per primo descrisse la tipica manifestazione poli-sintomatica del disturbo. Per porre la diagnosi era infatti richiesta la presenza di ben 25 sintomi su 60 e, per ognuno di questi, il medico doveva specificare l’assenza di possibili cause fisiche o biochimiche. Nell’elenco erano inclusi sintomi pseudo-neurologici, come cecità transitoria e afonia, ma anche altri sintomi quali la depressione, gli attacchi di ansia e le allucinazioni.
Per alcuni medici 25 sintomi da riscontrare erano però davvero troppi. Nel 1980, allora, gli autori della terza edizione del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, idearono il termine di disturbo di somatizzazione che sostituiva il termine sindrome di Briquet; per diagnosticare il disturbo da somatizzazione bisognava dunque rilevare nel paziente un minore numero di sintomi dal momento che erano stati eliminati tutti i sintomi psichiatrici e comportamentali compresi all’interno dell’elenco della sindrome di Briquet.
Successivamente questa lista venne ancora ulteriormente accorciata;tuttavia, anche con questa ulteriore semplificazione, furono poste poche diagnosi di questo disturbo.
Oggi i manuali diagnostici contengono una sezione dedicata ai disturbi da sintomi somatici e disturbi correlati che si manifestano in maniera simile a malattie somatiche, ossia di natura fisica ma che non trovano alcun riscontrano nel corpo. Questi pazienti lamentano infatti di soffrire di terribili mal di testa, forti dolori muscolari e/o articolari o di altro genere senza però che nessun medico o nessun esame clinico possa arrivare a una diagnosi certa e inconfutabile. E’ bene sottolineare che i pazienti non simulano i loro sintomi ma li avvertono realmente sebbene non si riesca mai ad individuare una causa organica specifica e ben definita.
Questi pazienti, alla continua ricerca di risposte, si sottopongono così a esami clinici, spesso anche molto invasivi se non pericolosi senza però trovare alcuna conferma diagnostica e senza mai risolvere il problema, anche con l’assunzione, fino ad arrivare all’abuso, di farmacia di varia categoria.
Il risultato di tali cure può portare, inoltre, a un rafforzamento del timore del paziente di avere qualche malattia medica inesistente, ancora poco conosciuta e per la quale non esiste una cura e questo aumenta l’ansia già presente a livelli significativi.
Solo con un adeguato e profondo rapporto medico-paziente basato sulla fiducia ci si accorge che, a prescindere dalla natura della patologia, vi è una forte base emotiva che produce una manifestazione fisica, come se la mente parlasse attraverso il corpo, ed è così che il paziente viene indirizzato verso una valutazione, e conseguente trattamento, da un professionista della salute mentale.
La presenza di un disturbo da sintomi somatici è suggerita dalla presenza di uno e più delle seguenti condizioni:
I criteri diagnostici attualmente utilizzati prevedono la presenza di un solo sintomo somatico che provochi forte disagio o porti ad alterazioni significative del funzionamento del paziente nella sua vita quotidiana e nelle sue relazioni sociali. Nonostante ciò, i pazienti in genere mostrano una varietà di sintomi fisici e comportamentali quali difficoltà di respirazione, palpitazioni, dolori addominali e/o disturbi mestruali.
La gravità dei sintomi può variare e in genere i sintomi persistono e raramente le fasi di remissione durano per periodi prolungati. I sintomi stessi o l’eccessiva preoccupazione sono causa di disagio o sconvolgono la vita quotidiana della persona.
Che i sintomi siano legati o meno a un altro disturbo medico, i pazienti si preoccupano eccessivamente per i sintomi e le loro possibili conseguenze catastrofiche e sono quindi molto difficili da rassicurare. Tentativi di rassicurazione sono spesso interpretati come se il medico, o qualsiasi altra persona, non prendesse sul serio ciò che viene raccontato e lamentato dal paziente. Poiché spesso i pazienti manifestano una forma di dipendenza dagli altri, il “non assecondare” le loro esigenze può portare a un aumento dello sconforto, dei sintomi depressivi fino a condurre alla minaccia o al tentativo di suicidio.
I sintomi stessi, tuttavia, creano un forte senso di affezione nei pazienti. Poiché la loro presenza comporta il ricevere attenzione da parte degli altri, come per altro evitare alcune responsabilità, vi è una sorta di attaccamento ai sintomi per i possibili vantaggi che, a vario titolo, possono portare.
Il disturbo qui descritto ha esordio in età giovanile, in media tra i 16 ei 24 anni, e può persistere per molti anni, anche per tutta la vita. Questa condizione, spesso sottovalutata, riguarda con maggiore frequenza le donne e la sua incidenza ad oggi non è ancora ben chiara.
Diversi studi mostrano una forte familiarità: la trasmissione è probabilmente sia genetica che ambientale (il disturbo pare essere più frequente in pazienti con bassa estrazione socioeconomica e scarsa educazione).
Tra i possibili fattori che possono contribuire all’insorgenza di questo disturbo ci possono essere recenti eventi di vita stressanti, la presenza di un’importante malattia organica precedente, stress e fattori di stress quotidiani, elevata sensibilità al dolore ed attenzione alle sensazioni fisiche, una difficoltà a riconoscere e identificare le emozioni che si sta provando, soprattutto quelle spiacevoli.
Il trattamento del disturbo da sintomi somatici, nella maggior parte dei casi, è una vera e propria sfida, spesso destinata a fallire proprio a causa delle caratteristiche della malattia. Innanzitutto, la persona interessata fatica ad accettare l’idea che i suoi malesseri possano avere un’origine psicologica e ciò fa sì che, nella sua ricerca dello specialista capace di dargli sollievo, eviti di rivolgersi all’unico che potrebbe veramente aiutarlo. Anche quando i familiari riescono a convincerlo a sperimentare un approccio psicologico, poi, è abbastanza difficile che lo specialista riesca a costruire una relazione di fiducia con il paziente e a fargli riconsiderare l’origine e la natura dei propri malesseri in un’ottica differente.
Nei casi in cui si riesce a instaurare un dialogo franco e sereno tra professionista della salute mentale e paziente, il primo passo della terapia sarà indirizzato a cercare di capire quali sono i fattori psicologici che hanno innescato il disturbo e ad analizzare il legame esistente tra l’andamento dei sintomi fisici e il livello di ansia e preoccupazione per la salute. Il percorso terapeutico, di norma, non è né breve né semplice, perché la disponibilità a mettersi in discussione di questi pazienti è molto scarsa.
Purtroppo, per contrastare il disturbo non si hanno a disposizione interventi farmacologici specifici risolutivi. Tuttavia, i farmaci antidepressivi possono risultare utili per gestire i sintomi depressivi e l’ansia che tipicamente accompagnano il disturbo, migliorando la qualità di vita generale del paziente e favorendo una migliore accettazione del percorso psicoterapeutico.
Purtroppo il disturbo da sintomi somatici è una realtà per alcuni aspetti ancora oggi in parte misteriosa, poco conosciuta… qualcosa che spaventa gli stessi medici a diagnosticarla.
Se anche voi siete continuamente alla ricerca di risposte sulla vostra salute che nessun medico fino ad oggi è riuscito a darvi, forse dovete cambiare strada di ricerca e rivolgervi a un professionista della salute mentale: forse il cuore del vostro problema non è il corpo ma la vostra mente e anch’essa, credetemi, può essere curata.
Dott.ssa Cristina Lo Bue