Tutti abbiamo paura di ammalarci, e più grandi diventiamo più reale diventa questa paura. Ma per alcune persone questo timore è così intenso che anche quando stanno bene, pensano di avere qualche malattia o che si potranno ammalare. Chiamiamo ipocondria quel disturbo in cui la persona vive nella paura di avere una malattia spesso grave. La malattia però non è diagnosticata e i sintomi non sono giustificati da una reale corrispondenza organica. L’ipocondria è quindi un’eccessiva ansia per la salute. Oggi il disturbo è classificato come Disturbo da Ansia di malattia.
Il sintomo maggiore è l’idea di essere gravemente malato che nasce o da sintomi somatici che si avvertono nel proprio corpo o da pensieri legati alla paura di aver contratto qualche malattia. Le persone ipocondriache sono molto sensibili ai cambiamenti del proprio corpo e quindi una piccola variazione del battito cardiaco o un leggero mal di testa momentaneo portano immediatamente la persona a pensare che quello è il sintomo di una malattia.
La persona è quindi particolarmente allarmata rispetto al proprio stato di salute e inizia a fare una serie di visite mediche per accertarsi di non avere nulla. Ci si sottopone alla visita per ‘avere’ la certezza di ‘non avere’ nulla, ma dopo un breve periodo di tranquillità, la persona tornerà a “inseguire” vari medici.
L’ipocondriaco infatti non trova una rassicurazione dai medici o dagli esami oggettivi ai quali si sottopone perché rimane sempre in lui l’idea che ci si è potuti sbagliare o che “ho qualcosa di talmente raro che nemmeno i medici lo capiscono”. Anzi in alcuni casi le rassicurazioni peggiorano la sua ansia, soprattutto quando queste vengono dette dai propri familiari.
La persona è talmente preoccupata per la propria salute che non riesce a pensare ad altro, infatti quando vive le relazioni sociali, queste sono spesso caratterizzate dai propri lamenti e dal bisogno eccessivo di comprensione, finendo per rimanere da sola. L’ ipocondria lacera i rapporti sociali e soprattutto quelli familiari.
In relazione a questo la persona può sembrare “egoista” in quanto l’Altro conta solo nella misura in cui consente di soddisfare i propri bisogni cercando liberarsi da ogni responsabilità delegando agli altr,i in quanto lei è la persona che più di tutte ha bisogno di aiuto.
La persona tende a esercitare un controllo eccessivo sul proprio corpo e quindi un’auto-osservazione clinicamente patologica del proprio corpo.
L’autodiagnosi è una delle attività preferite dall’ipocondriaco. Passa ore al computer alla ricerca dei propri sintomi. Il fenomeno si definisce cybercondria e oggi è diventato molto facile cadere in questa trappola.
A chi non è mai capitato di fare una ricerca su Google su dei sintomi fisici che avverte? E quando l’avete fatto, non avete per caso ottenuto dei risultati “tragici”? E di fronte a queste nefaste notizie, non siete stati un po’ in ansia, credendo di avere (anche solo per un attimo) quella malattia incurabile o addirittura mortale? Ecco, questo è ciò che prova l’ipocondriaco, ma in modo costante!
Le persone particolarmente preoccupate per la propria salute passano ore al computer a leggere notizie e informazioni sulle proprie presunte malattie. Spesso quindi sono persone molto informate e quando si rivolgono al medico sembrano già avere un quadro chiaro della situazione, mettendosi quasi alla pari dello specialista.
L’auto-diagnosi porta ad adottare delle cure fai-da-te andando incontro a dei rischi concreti.
Non sono ben chiare le cause dell’ipocondria, ma ci sono dei fattori che possiamo identificare.
Prima di tutto una certa sensibilità della persona. Con questo termine voglio indicare il fatto che (come detto sopra) la persona è più sensibile ai segnali che gli provengono dal proprio corpo e quindi un semplice cambiamento, la porta ad associarlo al segno che qualcosa è successo. Dunque una patologia del modo di interpretare i segnali corporei (Simona Argentieri Bondi, 2003).
La famiglia. Molti pazienti ipocondriaci sono stati figli di genitori ipocondriaci, e di solito a diventarlo è il figlio che è stato più vicino al genitore con questo disturbo. È quindi un comportamento appreso: si apprende che le cure e le attenzioni si possono ricevere solo se si sta male.
Esperienze di malattie. È possibile che la persona ipocondriaca possa aver avuto una reale malattia e quindi il trauma e la paura che questa possa manifestarsi nuovamente, la portano ad associare il sintomo a quella malattia temuta.
L’ansia per la salute di solito inizia nella prima età adulta e spesso peggiora con l’età ed è un disturbo che può diventare cronico se non viene trattato.
Per Nissen (2003) fattori eziologici del disturbo ipocondriaco sono legati soprattutto ad aspetti relazioni durante l’infanzia e quindi:
Il primo passo verso la cura è riconoscere di avere un problema, e questa consapevolezza non è sempre facile da raggiungere per chi crede di stare realmente male. È possibile che dopo molte visite mediche in cui la diagnosi è sempre la stessa, e cioè che non ha nulla di grave, la persona possa iniziare ad attribuire i suoi sintomi alle proprie convinzioni. In questo momento il supporto della famiglia e la comprensione sono l’aspetto fondamentale.
Il consiglio è quello di essere sempre comprensibile con il familiare ipocondriaco, perché qualunque critica del tipo “Ti inventi tutto! Non hai niente” non farebbe altro che farlo sentire più solo e quindi si otterrebbe l’effetto contrario, quello del ritiro e della chiusura.
Rassicurarlo sul fatto che credete alle sue malattie e che un intervento psicologico potrebbe aiutarlo a sostenere e ad affrontare meglio ansia e preoccupazione.
Le famiglie spesso sono esauste dalle continue malattie che il familiare suppone di avere, anche perché le visite mediche hanno un importante peso economico. È importante quindi trovare uno spazio anche per una terapia familiare o per chi si prende cura del paziente.
In molti casi lo psicologo potrebbe ritenere necessario l’intervento di uno psichiatra per ridurre l’ansia e rendere il paziente più consapevole e ben disposto ad accogliere le ipotesi e l’intervento di aiuto.
Dott.ssa Cristina Lo Bue
BIBLIOGRAFIA
-Nissen B., Ipocondria. Lo stato attuale della ricerca in campo psicoanalitico, Cierre Edizioni, 2003.
-Lalli N. “Considerazioni sull’ipocondria” 1971